Bisogna fare veramente attenzione all’assunzione degli antidolorifici. Questi infatti aumentano del 50% il rischio di ictus e infarti
Alcuni dei farmaci più diffusi, come gli antidolorifici da banco, potrebbero aumentare il rischio di infarto e ictus. A lanciare l’allarme è il dottor Zain Hasan, anestesista californiano, attraverso un articolo del Daily Mail. Nel mirino ci sono in particolare i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come l’ibuprofene e il naprossene sodico. Sebbene siano comunemente usati per alleviare dolore, febbre e infiammazione, nel tempo possono alterare la composizione del sangue, aumentando il pericolo di eventi cardiovascolari.
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Non si tratta solo di un’opinione isolata. Anche la Food and Drug Administration (FDA) ha confermato che l’uso di questi farmaci può incrementare il rischio di infarto e ictus dal 10 al 50%. Soprattutto nei soggetti con problemi cardiaci preesistenti.
Ma i FANS non sono gli unici farmaci sotto osservazione. Il dottor Hasan mette in guardia anche sui corticosteroidi, usati per trattare condizioni come asma, allergie e artrite. Questi medicinali possono causare ritenzione idrica, aumentando la pressione sanguigna e affaticando il cuore. Nel lungo periodo, potrebbero persino favorire l’indurimento delle arterie, compromettendo la circolazione.
Gli esperti consigliano quindi di assumere questi farmaci con cautela, soprattutto in presenza di fattori di rischio cardiovascolare.
Antidolorifici causano il rischio di ictus e infarti: le parole degli esperti
I farmaci antinfiammatori non steroidei, tra cui l’ibuprofene, sono tra i medicinali più usati per combattere dolore, infiammazione e febbre. Tuttavia, il loro impatto sulla pressione sanguigna è spesso sottovalutato. Il professor Antonio Rebuzzi, cardiologo dell’Università Cattolica di Roma, avverte che questi farmaci possono contribuire ad aumentare la pressione arteriosa. Per questo motivo è importante monitorarne l’uso, soprattutto nei soggetti più a rischio.
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Se assunti in modo occasionale, questi farmaci non rappresentano un pericolo immediato. Il problema si pone quando vengono usati per periodi prolungati, ad esempio nel trattamento di patologie reumatiche o durante infezioni come il Covid. In questi casi, il rischio di ipertensione aumenta e diventa fondamentale controllare la pressione più spesso.
Questi farmaci agiscono inibendo un enzima chiamato ciclo-ossigenasi, che ha un ruolo nella regolazione della filtrazione renale. La sua inibizione riduce la capacità dei reni di eliminare i liquidi in eccesso, favorendo così la ritenzione idrica. Questo meccanismo provoca un aumento della pressione sanguigna, paragonabile a un sistema idraulico sovraccarico: più liquidi nei vasi sanguigni significano una maggiore pressione sulle pareti delle arterie.
Per molto tempo, il paracetamolo è stato considerato un’opzione più sicura per il cuore, ma recenti studi hanno dimostrato che, in dosi elevate, anche questo farmaco può contribuire all’aumento della pressione. Sebbene sia meno dannoso rispetto ai FANS, non è privo di rischi.
Come ridurre gli effetti collaterali?
Chi è costretto a fare uso frequente di FANS deve prestare particolare attenzione. Per proteggere lo stomaco si possono assumere inibitori di pompa o antiacidi. Mentre per il controllo della pressione è utile monitorare regolarmente i valori. Inoltre, dato che il problema principale è la ritenzione di liquidi, l’assunzione di diuretici può aiutare a ridurre l’impatto di questi farmaci sul sistema cardiovascolare.
L’attenzione a questi aspetti è valida anche per chi assume corticosteroidi, un’altra classe di farmaci antinfiammatori che può avere effetti simili sulla pressione e sulla salute cardiaca. Un uso consapevole e il monitoraggio medico sono quindi essenziali per evitare complicazioni.